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MISURA STRUMENTALE DELL'ACCELERAZIONE AL SUOLO

Misura strumentale dell'accelerazione al suolo

 

Misura strumentale dell’accelerazione del suolo

 

La misura più significativa di un terremoto dal punto di vista strutturale è rappresentata, come già detto, dall’accelerazione del suolo ed, in particolare, dal suo valore massimo. L’accelerazione sismica del suolo si misura con accelerografi, tradizionalmente detti di tipo strong-motion, adatti cioè a misurare moti sismici violenti, che forniscono una registrazione (analogica o digitale) del segnale captato. I primi accelerografi, ovviamente di tipo analogico, sono entrati in uso in California nel 1933 (terremoto di Long Beach). Nonostante l’evoluzione subita nel corso di decenni, gli strumenti di tipo analogico sono oggi da considerare tecnicamente obsoleti rispetto agli odierni accelerografi digitali. Ciononostante, essi rappresentano ancora la grande maggioranza degli accelerografi operativi in tutto il mondo, in particolare nelle regioni più sismiche d’Europa.

Alla fine degli anni ‘60 gli accelerogrammi significativi registrati erano meno di cento. Non esistono, per esempio, accelerogrammi del terremoto distruttivo del Belice (Sicilia) del 1968. Attualmente le stazioni accelerometriche operanti a scala mondiale sono circa 20.000, ed esistono varie reti accelerometriche locali ad elevata densità (sopratutto in Giappone ed in Taiwan). Ciascuna di queste comprende da diverse unità a diverse decine di strumenti entro un raggio di alcune centinaia di metri, in modo da poter registrare non solo l’accelerazione puntuale ma anche la sua distribuzione nello spazio.

In Italia il primo accelerografo è stato installato a Messina nel 1965, e le prime registrazioni significative sono dei terremoti di Ancona del 1972.

La rete accelerometrica italiana conta alcune centinaia di strumenti, quasi tutti installati da ENEL ed ENEA; dal 1998 essa è di proprietà del Servizio Sismico Nazionale.

 

Il principio di funzionamento nel tipo di strumento convenzionale più diffuso (accelerografo SMA-1) è quello di un oscillatore dinamico ad un grado di libertà, dotato di smorzamento viscoso, realizzato con un sistema a torsione. La frequenza propria è di 20-25 Hz ed il fattore di smorzamento rispetto al valore critico è di circa 0,6. Questa combinazione fa sì che la curva di risposta dinamica dello strumento risulti quasi piatta fino a circa 15 Hz, ovvero nel campo di frequenze di maggiore interesse per l’ingegneria sismica. Il campo dinamico teorico (rapporto tra il valore di fondo scala e il minimo ingresso misurabile) dell’accelerografo convenzionale è circa 100 (40 dB), tipicamente da 0,01g a 1g (g = accelerazione di gravità).

Negli accelerografi digitali di nuova concezione, il trasduttore non è più un semplice sistema meccanico, bensì è del tipo detto a bilanciamento di forza; una forza, controllata elettronicamente con un sistema di retroazione, mantiene la piccola massa di un pendolo nella sua condizione di equilibrio. Misurando la forza necessaria per mantenere in quiete la massa, si misura l’accelerazione cui quest’ultima è sottoposta a causa del moto del terreno. Tutte le caratteristiche della risposta sono realizzate nei circuiti elettronici di controllo della retroazione. Si ottiene così una funzione di risposta a banda larga molto semplice: per le frequenze di maggior interesse essa è essenzialmente una costante. Il convertitore analogico digitale (A/D) ha una risoluzione tipica di 16 bits negli strumenti più diffusi, ciò che fornisce un campo dinamico del segnale registrato che si avvicina ai 5 ordini di grandezza (quasi 100 dB).

 

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misura strumentale accelerazione al suolo
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